mercoledì 19 dicembre 2012

CICLOCROSS - MANUALE DI TECNICA ep n°2b - Come scendere dalla bici e caricare la bici in spalla

Bentornati ragazzi e ragazze, oggi spiegherò la seconda tecnica per scendere come dei fulmini dalla bicicletta e sorpassare gli ostacoli con facilità, inoltre cercherò di trasmettervi il modo migliore per caricare la bici in spalla ed affrontare i tratti più duri correndo a piedi.

Vi ricordate la regola dei tre punti? Se la risposta è un NO andate a rileggere quanto scritto la scorsa settimana cliccando QUI

Siete in prossimità di una barriera, avete fatto oscillare la gamba sopra la sella e ora avete i tre punti di contatto (mano sx sul manubrio, mano dx sul tubo orizzontale e piede sx agganciato al pedale o tutto viceversa se scendete dalla parte opposta) con la vostra bicicletta, a questo punto potete o scendere come nella scorsa puntata oppure, come detto dai più esperti, se vi fidate ciecamente dei vostri pedali potete far passare il piede DESTRO tra il piede sinistro ed il tubo verticale del telaio, affondare il passo ed intanto ruotate il piede sinistro per sganciare. Quando il piede destro toccherà terra sarete già pronti per saltare l'ostacolo. Questa tecnica necessita di molta esperienza ed a mio personalissimo avviso il guadagno in termini di velocità e fluidità (se fatta bene da dei benefici) non è così evidente. La cosa però è molto personale, vi consiglio di provare e riprovare entrambe le tecniche e scegliere quella a voi più affine.






Essendo un corridore di statura bassa uso questa tecnica quando devo caricare la bici a spalla ad esempio per affrontare una scalinata.

Come si carica la bici a spalla???

In pratica potete fare una variazione alla regola dei tre punti spostando la mano DESTRA sul tubo obliquo anziché su quello orizzontale, facendo passare il piede dx tra gamba e telaio vi troverete già proiettati in avanti, quando mettete il piede dx a terra cominciate ad alzare la bicicletta (sempre tenendola per il tubo obliquo), contemporaneamente con la mano SINISTRA spingete leggermente il manubrio verso il basso di modo che il gomito del braccio DESTRO possa entrare agevolmente all'interno del triangolo del telaio. A questo punto appoggiate la bici sulla spalla, fate passare il braccio destro sotto al tubo obliquo ed andate ad afferrare la piega del manubrio sulla parte bassa a SINISTRA, stringete il gomito al corpo di modo che la bicicletta non vada a sbattere contro il corpo.
Superato l'ostacolo afferrate il tubo obliquo con la mano DX, la piega con la mano SX e scaricate il mezzo a terra, ora siete pronti per saltarci sopra e ripartire...

COME SI FA A SALTARCI SOPRA VELOCEMENTE??? lo scopriremo mercoledì prossimo...

JU











Qui vedete la posizione della mano destra che vi permette di tenere la bicicletta ben aderente al corpo


Per chi sostiene che sia sbagliatissimo portare la bici in questo modo lo vada a dire a questi signori qui sotto





domenica 16 dicembre 2012

Fango e gloria - Gara di Settimo Rottaro

Questo week end non ci sono gare del criterium Palzola quindi io ed il Daddy decidiamo di inoltrarci verso il centro del Piemonte, ad aspettarci a Settimo Rottaro c'è una bellissima gara organizzata dal mitico Gianni Riconda e dal Team Pedale Pazzo che tanto stanno facendo per il nostro sport,.

Il percorso è insidioso, due dita di neve, fanghiglia e fondo duro condito tutto da tante belle curve una discesa insidiosa e una salita di circa 500 metri... Insomma un cross di quelli che mi piacciono, molto molto tecnico dove non conta solo la forza pura (com'è  noto io ne ho ben poca) ma anche l'abilità e la tecnica sono fondamentali.

Oggi si parte tutti assieme, 45 minuti più un giro e poi a casa; parto a bomba e mi concedo il lusso di fare mezzo giro al comando, dopo poco però mi passano Favaro e Paiato, il primo va ed il secondo mi stacca di qualche secondo ma io non demordo. In discesa lui mi stacca ed io lo riprendo nel tratto più guidato, a metà gara prendo il Daddy, ha una bella faccia cattiva, quella dei giorni migliori. Io e Paiato ci scambiam le posizioni un po' di volte ma nel corso dell'ultimo giro lui guadagna qualche secondo e riesce a mantenerlo fino all'arrivo, io taglio il traguardo felicissimo per il mio terzo posto assoluto e primo di categoria festeggiando alla "belga" :-D il Daddy invece nel corso dell'ultimo giro riesce a rimontare e bruciare chi aveva davanti riuscendo a salire sul terzo gradino del podio di categoria.

Dopo la gara ci spariamo un bel ristoro a base di the caldo e panino con Nutella, prendiamo i nostri sacchettoni e torniamo a casa con il sorriso sulle labbra.

Complimenti davvero agli organizzatori per aver tracciato un percorso bellissimo e divertente ed aver organizzato la manifestazione davvero in modo egregio.

Alla prossima

Ju











mercoledì 12 dicembre 2012

CICLOCROSS - MANUALE DI TECNICA ep n°2a - Come scendere dalla bici e saltare gli ostacoli


Bentornati lettori della rubrica “LA TECNICA NEL CICLOCROSS” innanzitutto vorrei fare una precisazione, tutto quello che viene spiegato è basato sulla mia esperienza e sull analisi di quello che fanno i big di questo sport quindi non prendetelo come la Bibbia ma bensì come spunto per imparare e migliorarsi di volta in volta.

Ora si comincia a fare sul serio, oggi spiegherò come scendere velocemente dalla bicicletta nell imminenza di un ostacolo e come sorpassare questo in sicurezza e spendendo la minor quantità di energie.

La lezione sarà divisa in due mini puntate in quanto personalmente utilizzo due tecniche differenti per saltare l’ostacolo alzando semplicemente la bicicletta oppure superare l’ostacolo con la bici a spalla e continuare a correre, c’è una terza opzione, si può saltare gli ostacoli direttamente con la bicicletta utilizzando la tecnica del bunny-hop, ma questo lo vedremo più avanti.

Cominciamo con il scendere dalla bici e sorpassare le barriere solamente sollevando il nostro mezzo. C’è una piccola ma fondamentale regola che è quella dei tre punti, tenetela bene a mente perché vi permetterà di velocizzare molto il superamento degli ostacoli.

In prossimità di una barriera, sganciate il piede destro e oscillate sopra la sella portando il piede destro dietro al sinistro che è ancora agganciato a questo punto spostate la mano destra dal manubrio al tubo orizzontale. Questi sono i tre punti di contatto: la mano sinistra sul manubrio, la destra su tubo orizzontale ed il piede sinistro sul pedale, per dare ancora più stabilità alla manovra mentre spostate la mano destra verso il tubo orizzontale potete appoggiare la sella sulla vostra anca destra mantenendo quindi tre punti di contatto (mano SX anca DX e piede SX).
Ora siete pronti a sganciare il pedale e scendere dalla bicicletta per saltare l’ostacolo,

Per sganciare il pedale fate oscillare il piede destro verso l'esterno (a sinistra) del piede sinistro, questo renderà più facile lo sgancio, la maggior parte del vostro peso dovrà essere mantenuto sul braccio destro. Il primo piede a toccare il terreno sarà il destro, fate un altro passo con il sinistro e saltate, ormai l’ostacolo è alle vostre spalle…

Come si salta correttamente?

Innanzitutto bisogna dire che più si va veloci e più è importante tenere la bicicletta lontana dal corpo per evitare impatti indesiderati soprattutto contro i pedali che vi assicuro fanno male.

Chiamiamo in causa la tecnica della valigia:

In questo momento avrete le mano SX sul manubrio e la DX sul tubo orizzontale, sollevate verso l’alto mantenendo le ruote il più possibile parallele al terreno, sono da evitare sollevamenti troppo alti perché richiedono un dispendio di energia non indifferente, bastano pochi centimetri per passare l’ostacolo.
Particolare attenzione va data alla posizione della sella durante il salto, quando si sollevala bicicletta si dovrebbe mantenere la sella esterna al gomito, non all'interno (questo è particolarmente importante per corridori piccoli di statura). Se la sella della bicicletta è fuori dal gomito in caso di contatto accidentale la bici e una barriera causerà solo l’ innalzamento della bicicletta verso l'alto, se la sella invece è all'interno del gomito lo stesso tipo di contatto provocherà un contatto violento della bici contro il braccio o contro il vostro corpo. Questo in teoria, in pratica dipende molto da ogni persona come si trova bene, personalmente quando gli ostacoli non sono molto alti mantengo la sella all’interno del gomito consapevole del rischio ma consapevole del fatto che la manovra mi costa un filo meno di fatica e di velocità.

A presto con la seconda tecnica per scendere dalla bici e superare gli ostacoli, mi raccomando allenatevi perché il provare ed il riprovare è noioso ma da i suoi frutti in breve tempo.

Qui sotto trovate tutta la spiegazione per immagini scattate dall'amico Jack di PIMSLE

JU



qui sotto vedete i 3 punti d'appoggio evidenziati




















lunedì 10 dicembre 2012

Se questo è un cross mio nonno era una carriola... Gara di Cavallirio

Come si intuisce dal titolo questa gara non mi è mai piaciuta, parto da casa già con l'idea che il percorso farà schifo, in realtà sarà molto peggio...

Ok è la gara più antica del circuito, va bene ha una tradizione pazzesca, va benissimo chi può permetterselo organizza e soprattutto lo sponsor del criterium Palzola è di questa zona ma un cicloCROSS con più del 50% del percorso in asfalto, con due curve in croce e addirittura scalini in discesa (espressamente vietati dal regolamento) per me non è un ciclocross, scusate lo sfogo.

cliccando QUI potete vedere il regolamento FCI (scusate ma quello UDACE non l'ho trovato ma sicuramente sarà molto simile) il paragrafo è il 5.1.023.

Trovato anche un estratto del regolamento UDACE lo trovate QUI paragrafo 18 art 18.4

Detto questo passiamo ai fatti:

Parte la prima gara, oggi il Daddy parte bello aggressivo, al primo passaggio fa sentire il fiato sul collo ai suoi avversari e appena può parte con una bella fiondata per staccarli inesorabilmente, giro dopo giro guadagna inesorabilmente e si classifica al sesto posto (primo degli umani). Complimenti ogni gara migliori sempre di più.

Tocca a noi baldi giovani, provo a tenere il passo di Bonollo e della mia nemesi Manuel ma oggi più che la gamba è la testa a non rispondere, dopo il primo giro vado subito in crisi, la gamba non reagisce e la milza punge.
Dopo un paio di giri mi saluta anche l'amico Francy B. e sparisce nei boschi dell'alto novarese, ormai sono allo sbando e decido di prendermela con calma, solo all'ultimo giro decido di forzare un po' solo per finire il più in fretta possibile la gara. Terzo posto di categoria ma morale sotto i piedi, dalla buona condizione che avevo sono passato a non andare più avanti in sole due settimane...bisogna rimediare.

Lo JU Indurain invece si concede un altro bel podio classificandosi secondo di categoria...bravissimo.

Come al solito una bel ristoro a base di gorgonzola e vinello distribuzione dei sacchettoni e tutti a casa.

JUUUUU




giovedì 6 dicembre 2012

New member

Si sa durante l'inverno si fanno gli acquisti migliori per la nova stagione; dopo un' estate passata come tirocinante, messo duramente alla prova da tutti noi, ha dimostrato determinazione, passione e voglia di imparare e di soffrire. Così il nostro Paolino T.R. viene finalmente nominato a tutti gli effetti membro dello JU Team, complimenti e benvenuto.


Nome: Paolino
Soprannome: Ivan JU Basso
Altezza: 174 cm
Peso: 63 Kg
Specialità: Esplosioni fragorose sopra i 45 Km/h seguite da distacchi abissali
Obiettivi: Riuscire a passare il trenino dello Ju Team ai 50 Km/h


mercoledì 5 dicembre 2012

CICLOCROSS - MANUALE DI TECNICA ep. n°1


Da oggi ogni mercoledì per tutta la durata dell'inverno pubblicherò un articolo che parla di tecnica del ciclocross, questo perchè in rete non si trova molto e raccogliendo i vari articoli vorrei condividere con tutti la mia esperienza e l'amore che provo per questo splendido sport.
Gli articoli saranno presi qua e la per la rete (in fondo alla pagina trovate le fonti) ed integrati da me, oppure scritti totalmente di mio pugno.

Come primo episodio ci tengo a fare un piccolo escursus sulla storia di questo sport, sul regolamento e farò qualche accenno sulle nozioni di base per avviarsi alla pratica del ciclocross.
Come ultima cosa troverete un piccolo accenno alla mentalità con cui noi corridori dello JU Team affrontiamo ogi gara ed ogni allenamento, perchè la testa viene prima di tutto.


STORIA
Le origini del ciclocross risalgono alla fine dell’ Ottocento. Nelle pianure della Francia e del nord Europa, molti erano i ciclisti che non si facevano scrupolo di uscire dalle vie principali per andare a pedalare tra campi e sentieri. Le strade erano poche, spesso piene di buche o segnate dai solchi provocati dal passaggio dei carri; d’ inverno, con neve e ghiaccio, esse potevano diventare quasi impraticabili per le biciclette. In quegli anni si disputavano già competizioni sulle piste dei velodromi e, per quanto riguarda quelle su strada, erano appena state inventate “maratone” come la Parigi-Brest-Parigi di 1.200 km. (nata nel 1891), la Bordeaux-Parigi di 372 km. e corse che sarebbero diventate grandi classiche come la Liegi-Bastogne-Liegi (anno 1894), la Parigi-Roubaix (1896) e la Parigi-Tours (1896). I ciclisti sportivi, molti dei quali professionisti, erano soliti sospendere l’ attività nei mesi invernali; venne però il giorno in cui qualcuno, per divertimento o per mantenersi in forma, cominciò ad allenarsi nella stagione fredda sulle strade fangose o innevate delle campagne. Ben presto furono organizzate le prime sfide, durante le quali era consentito prendere scorciatoie tra un paese e l’ altro e, talvolta, era necessario percorrere tratti a piedi e scavalcare staccionate. Grazie all’ iniziativa dei francesi Daniel Gousseau e Georges Lefévre (quest’ ultimo fu anche uno degli ideatori del Tour de France) si arrivò all’ organizzazione del primo Campionato Nazionale di Francia, evento a cui si fa risalire la nascita ufficiale della disciplina. E’ il 1902; corse come il Giro di Lombardia, la Milano-Sanremo, il Giro delle Fiandre (e grandi giri a tappe come il Tour de France ed il Giro d’ Italia) non sono ancora nate, ma il ciclocross è già una realtà. Questa variante delle corse su strada si diffonde rapidamente nelle nazioni limitrofe, soprattutto in Belgio, Olanda e Italia.

Nel 1908, dopo aver vinto il Tour de France, il francese Octave Lapize attribuisce il merito del successo all’ aver praticato il ciclocross durante l’ inverno: molti avversari ne seguono l’ esempio. Nel 1924 ha luogo in Francia la prima gara internazionale e nel 1930 si disputano i primi Campionati Nazionali Italiani, mentre per la prima edizione dei Campionati Mondiali bisogna attendere fino al 1950 (Parigi). Negli anni seguenti il ciclocross vive di alterne fortune; l’ ultimo periodo di splendore risale agli Anni Sessanta e Settanta, quando è praticato da un discreto numero di famosi stradisti (su tutti Roger De Vlaeminck, campione del mondo della specialità nel 1975 e vincitore, tra l’ altro, di quattro Parigi-Roubaix). Durante il decennio successivo il ciclocross raggiunge gli Stati Uniti. Negli Anni Novanta l’ afflusso sempre maggiore di atleti provenienti dalla mountain-bike rivitalizza l’ antico modo di praticare il fuoristrada in bicicletta; nel 2000 si disputano le prime edizioni dei Campionati Mondiali e dei Campionati Italiani per il settore femminile. A differenza delle altre specialità del ciclismo, che tendono ad una diffusione mondiale, il ciclocross è rimasto una disciplina tipicamente europea; se in paesi come l’ Italia è seguito da pochi e fedeli appassionati, in altri, come il Belgio, è considerato sport nazionale.

GARE
Le corse si svolgono in circuiti chiusi, tracciati tra campi, prati, boschi e solitamente realizzati in parchi, aree verdi o nei pressi di impianti sportivi (onde poter usufruire di strutture già esistenti come tribune, spogliatoi, sale stampa ecc…). La lunghezza dei percorsi è compresa tra 2.500 e 3.500 metri; almeno il 90% della distanza deve essere pedalabile. In base alla velocità media ottenuta dai concorrenti nel corso del primo giro, una giuria ne stabilisce il numero da effettuarsi affinché la gara si concluda entro il termine previsto dai regolamenti (in campo maschile: 70 minuti per le competizioni “Elite” di Campionati Mondiali e Coppa del Mondo, 60’ per altre gare “Elite” e per “Elite+Under 23”, 50’ per “Under 23”, 40’ per “Juniores”; in campo femminile la durata è di 40 minuti per “Elite”, “Under 23” e “Juniores”, mentre per le categorie giovanili, sia maschili che femminili, il termine è fissato in 30’ per gli “Allievi” e 25’ per gli “Esordienti”).

Il tracciato alterna tratti pianeggianti a brevissime salite e discese, curve strette a brevi rettilinei; il fondo può essere costituito da erba, terra, fango, sabbia e, in minima parte, da asfalto. Tutto ciò ha lo scopo di rendere variabile l’ andatura, l’ intensità ed il tipo d’ impegno da parte del ciclista. Il circuito è interamente marcato e protetto da transenne e nastri (disposti su entrambi i lati della corsia); la larghezza minima del tracciato è di 3 metri (per consentire in ogni punto il sorpasso tra i concorrenti), ma il rettilineo di partenza/arrivo, preferibilmente asfaltato, deve essere largo almeno 6 metri. Per costringere il ciclista a scendere dalla bici è prevista la presenza di scalinate ed ostacoli artificiali; questi ultimi sono generalmente costituiti da barriere rigide in legno (sono vietate barriere metalliche) alte al massimo 40 cm., che possono anche essere sistemate in successione (ma non più di due) e disposte tra 4 e 6 metri l’ una dall’ altra.
In realtà la presenza di tratti particolarmente fangosi o ripidi è sufficiente a far smontare di sella il ciclista che deve spingere la bici o caricarsela in spalla; al contrario, a volte le barriere non fermano i ciclisti più estrosi che riescono a saltarle rimanendo in bicicletta (con la tecnica denominata “bunny hop”). Lungo il circuito è presente una zona box (“pit area”) dov’è consentito di sostituire le ruote o la bicicletta (senza limitazione del numero delle fermate); qui operano i servizi di assistenza delle varie squadre, con meccanici ed addetti al lavaggio rapido delle bici. Nelle gare dei Mondiali, di Coppa del Mondo, dei campionati Continentali e Nazionali le “Pit Areas” lungo il percorso devono essere due (oppure una, purché accessibile da due diversi punti del percorso).

 I concorrenti doppiati devono ritirarsi, tranne quando il doppiaggio avviene nel corso dell’ ultimo giro. Le gare di ciclocross possono sembrare molto simili a quelle di “Cross Country” della mountain bike, ma le differenze sono fondamentali. Un circuito di ciclocross è soprattutto pianeggiante; non esistono lunghe salite né lunghe discese, non si percorrono tratti pietrosi o accidentati, non ci sono salti (la bici da cross non è ammortizzata) e non ci sono tratti di vero e proprio “single-track”; ne consegue che, essendo il percorso più scorrevole, una gara di ciclocross risulta più veloce (anche se le velocità medie raramente superano i 30 km/h). A differenza delle corse su strada, invece, nel ciclocross è impossibile la formazione di folti gruppi (di solito la selezione tra i concorrenti è netta già dai primi giri). Velocità più basse rendono meno determinante l’ effetto scia, quindi la corsa diventa una sfida individuale di breve durata ma molto intensa; si parte forte e si arriva fortissimo. La stagione del ciclocross va da settembre a febbraio, periodo in cui si svolgono le tappe delle competizioni internazionali più importanti (Coppa del Mondo e trofeo “Superprestige”). Le corse valide per i titoli nazionali si disputano tra novembre e dicembre nel Nord-America, nel secondo fine settimana di dicembre in Repubblica Ceca e Slovacchia e nel secondo fine settimana di gennaio nel resto dell’ Europa; i Campionati Mondiali hanno luogo tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio.

BICICLETTA
A prima vista la bici da ciclocross appare come una bici da corsa con le ruote più grosse. Alcuni decenni fa quest’ impressione si avvicinava molto alla realtà, ma oggi le differenze tra i due mezzi sono più numerose; l’ avvento della mountain-bike, con le sue numerose soluzioni adatte all’ uso della bicicletta su terreni difficili, ha portato a quella da cross molti benefici. Rispetto ad una bici da corsa il telaio della bici da ciclocross, a parità di misura, è solitamente più compatto (nonostante un carro posteriore un po’ più lungo) ed il movimento centrale risulta più sollevato rispetto alla linea del terreno di 1-2 centimetri. Il passaggio dei cavi del cambio e del freno posteriore è realizzato sempre nella parte superiore del telaio, affinché non vengano a contatto col corpo del ciclista quando questi appoggia e trasporta la bici sulla spalla. Nella bici da ciclocross c’è una maggiore ampiezza tra i foderi della forcella anteriore e tra i pendenti verticali posteriori; ciò è necessario per consentire il montaggio di copertoni tassellati di sezione maggiorata e per favorire il deflusso di fango, fili d’ erba e pezzetti di vegetazione. Per lo stesso motivo vengono utilizzati freni cantilever: con normali freni a doppio fulcro (da strada) il fango andrebbe prima o poi ad ostruire lo spazio tra questi ed i copertoncini, col risultato di frenare lo scorrimento delle ruote. Dal 2012 l'UCI permette l'utilizzo di freni a disco comandati meccanicamente. Oltre alle classiche leve dei freni ai lati della curva-manubrio (quello da mtb è ammesso solo in alcune manifestazioni, con limitazione della larghezza a 50 cm.), qualche ciclocrossista ne monta due supplementari, tipo mountain-bike, sulla parte superiore. La forcella, oltre ad avere i supporti per i freni cantilever, è progettata per facilitare la guida nelle curve strette. Poiché non si raggiungono mai velocità molto elevate, i rapporti del cambio sono più corti: le moltipliche anteriori più usate sono quelle con corona da 48, 46, 44 o 42 denti per quella grande, da 38 , 36 o 34 denti per quella piccola (è molto raro il caso di bici dotate di una sola moltiplica anteriore); come pacco pignoni si utilizzano normali set 12/25 o 12/27.
I copertoncini o i tubolari, con tassellatura del battistrada più o meno fitta e rilevata, hanno sezioni da 28, 32, 33 o 35 millimetri e vengono utilizzati con pressioni di gonfiaggio tra 2 e 3 bar (in genere si superano i 3 bar solo in caso di terreni asciutti particolarmente duri e compatti). Le ruote sono da 28” (come quelle delle bici da corsa); anche se le maggiori preferenze vanno ai cerchi a basso profilo, è molto diffuso l’ utilizzo di ruote in carbonio con cerchi a medio ed alto profilo (leggerissime e robuste). Le ruote a razze (in voga negli Anni Novanta) sono vietate, come pure tutti i modelli non omologati. Si utilizzano gli stessi pedali delle mountain-bike che, a differenza della maggior parte di quelli per bici da corsa, hanno l’ attacco per le suole delle scarpe su entrambi i lati e, soprattutto, sono studiati per non permettere al fango di depositarsi tra i meccanismi di sgancio. Anche per quanto riguarda le scarpe la scelta, obbligata, è per quelle da mountain-bike, in quanto permettono di correre agevolmente (esiste qualche modello specifico per ciclocross, con la suola parzialmente chiodata per aumentare la presa su terreni erbosi o scivolosi). Come nelle corse su strada l’ impiego di telai e ruote in carbonio piuttosto che in alluminio, dipende dal budget delle squadre o degli atleti; le squadre professionistiche utilizzano il meglio della produzione per ogni componente (anche per ragioni pubblicitarie). Nel ciclocross l’ alleggerimento del mezzo è meno determinante; perciò è poco diffuso il ricorso a soluzioni esasperate. Quindi, a parità di livello di allestimento, una bici da ciclocross risulta leggermente più pesante di una da corsa; qualche etto in più sulla bilancia, però, può far guadagnare un po’ di robustezza.

ALLENAMENTO
Per praticare il ciclocross a livello agonistico ci si allena in fuoristrada e su strada. Se di asfalto su cui pedalare ce n’è in abbondanza ovunque, meno facile, ma assolutamente necessario, è avere a portata di mano percorsi su terra ed erba; l’ ideale è poter accedere ad un vero e proprio circuito con ostacoli artificiali, dossi e tutto quanto si può trovare in gara. Atleti e squadre di alto livello dispongono di tutto ciò, gli altri si arrangiano come possono. L’ allenamento specifico è fondamentale; oltre a pedalare in fuoristrada nelle più diverse condizioni, una parte del tempo viene dedicata alla corsa, all’ affinamento ed alla velocizzazione di tecniche specifiche come la discesa-salita sul mezzo in corsa, al potenziamento della muscolatura utilizzata per saltare ostacoli, salire ripidi strappi e scalinate con la bici in spalla. L’ abbigliamento del ciclocrossista non differisce molto da quello degli altri ciclisti, anche se sono molto diffusi i body aderenti (tipo quelli che si usano nelle corse a cronometro su strada); nelle giornate più fredde s’ indossano manicotti, ginocchiere, gambali, soprascarpe e guanti più o meno pesanti. Oggi, a differenza del passato, sono pochi i ciclisti che alternano il ciclocross alla strada; la maggior parte dei ciclocrossisti, infatti, nella bella stagione preferisce gareggiare in mountain-bike (ciclocross e mtb hanno una maggiore affinità tecnica e, fatto non meno importante, i calendari delle gare si integrano senza sovrapporsi). In campo femminile e giovanile la situazione è leggermente diversa; stagioni di corse su strada più corte, e meno intense, permettono ad un discreto numero di atlete/i di praticare sia la strada che il ciclocross (la migrazione estiva verso la mtb rimane in ogni caso la via preferita).

TEMPO LIBERO
Per i “ciclisti della domenica” più o meno impegnati, più o meno allenati, il ciclocross può costituire una variante invernale utile e divertente alla bici da corsa; utile perché migliora la capacità di controllo e di guida della bicicletta (come ben sanno tutti gli stradisti che, saltuariamente o regolarmente, praticano anche la mountain-bike), divertente perché permette di variare i percorsi o scoprirne di nuovi, di girare più lontani dal traffico pur continuando a pedalare su di una bicicletta leggera e scattante. Se lo scopo non è quello di gareggiare, si può acquistare una bici da ciclocross usata con 500-600 Euro; con il doppio di questa cifra si possono già acquistare bici nuove con telaio in alluminio e forcella in carbonio, allestite con componenti di buon livello. Nel caso si abbia a disposizione una vecchia bici da corsa inutilizzata è consigliabile non lasciarsi tentare dall’ idea di trasformarla in una bici da ciclocross: sarebbe un’ impresa quasi impossibile. Per cominciare: un copertoncino con sezione da 28 millimetri (per non dire di uno da 32 o 35 millimetri) difficilmente passa sotto il freno di una bicicletta da corsa (soprattutto di un modello non recente). Se poi si decide di sostituire i freni da corsa con i “cantilever” occorre sostituire la forcella anteriore (quella da corsa non dispone del supporto per questo tipo di freni). Ammesso di poter lasciare insoluto il problema dei freni posteriori (la “forcella” posteriore, troppo stretta, ovviamente non è sostituibile), un altro scoglio è costituito dalla sostituzione delle moltipliche (se non di tutto il gruppo trasmissione).
Al sopraggiungere della stagione fredda si può cominciare a pedalare sulla bici da ciclocross; poiché la geometria dei due telai difficilmente permette di mantenere la medesima posizione in sella, sarebbe meglio evitare di alternare le uscite con la bici da corsa. Con i copertoncini maggiorati e tassellati è uno spasso lasciare le strade principali e tagliare per i sentieri di un parco, alzaie, strade sterrate e ghiaiose, vicoli in acciottolato; tuttavia si devono evitare sentieri sassosi, sconnessi e molto ripidi (terreni riservati alle mountain-bikes). Se sulle strade l’ asfalto si è rovinato a causa del gelo, piccole buche, crepe e rattoppi fanno un po’ meno paura (inoltre l’ amata “bdc”, con le sue preziose e leggerissime ruote, è al sicuro tra le mura del garage…). Quando si ha voglia di fare un’ uscita tutta su strada con gli amici non è un problema: basta sostituire i copertoncini (o le ruote, se si dispone di un paio di scorta con già montati copertoncini da 23 millimetri) e la bici da ciclocross si trasforma, diventando immediatamente più veloce. Certo, è più difficile stare alla ruota di ciclisti o gruppetti che filano ad oltre 40-45 all’ ora con rapporti molto più corti, ma occorre ricordare che spingendo a 100 pedalate al minuto un 46x12 si viaggia a 48 km/h e un 42x12 a 44 km/h. Con la bici da ciclocross le discese veloci possono creare qualche difficoltà; tuttavia, durante l’ inverno difficilmente càpita di effettuare lunghe discese (visto che la condizione fisica in questo periodo, normalmente, non permette di fare lunghe salite).


WE ARE BELGIUM
E' il motto dello JU Team, significa saper soffrire sulla bicicletta, allenarsi quando gli altri si riposano, andare a correre con il freddo, la pioggia, la neve e qualsiasi altra condizione metereologica per il solo gusto di farlo e per amore di questo sport. Noi come i ragazzacci che corrono in Belgio (da qui vengono i campioni che dominano la specialità) ci divertiamo tra fango e sudore per un'ora di gloria, quella personale, perchè anche se la vittoria non arriva noi siamo comunque felici per esserci stati.




Fonti (per la parte "STORIA"):
en.wikipedia.org
it.wikipedia.org
"Tour de France 1903", di Paolo Facchinetti (Ediciclo)
"I Giganti della strada", di Luciano Serra (Diabasis)
"Alamanacco del Ciclismo", di Lamberto Righi (Edimedia2)
Estratto da www.bicigiri.it

Integrato da JU TEAM


A mercoledì prossimo con la seconda uscita di questa rubrica sulla tecnica del ciclocross, si parlerà di come scendere dalla bici per affrontare al meglio gli ostacoli.



lunedì 3 dicembre 2012

Il caparbio - Gara di Comazzo


Trasferta impegnativa per lo JU Team, si parte presto in direzione Comazzo, macchinata con il Daddy io e lo JU Indurain.
Arriviamo prestissimo sul percorso immerso nella nebbia, un veloce sguardo ci fa capire che qualcosa è cambiato ma per capire bene dovremo aspettare di solcare i fangosi prati lodigiani.

Ci iscriviamo, scarichiamo le bici e facciamo un paio di giri, purtroppo devo dire che il percorso non mi piace affatto, pochissime curve e tanti rettilinei fangosi dove conta solo la gamba e non la tecnica, l'unico punto davvero emozionante è il "su e giu" attorno alle rovine della fontana, due belle discesine separate da un' insidiosa salitella.

Partono i vecchietti, il Daddy si fionda a ruota del suo diretto avversario ma perde qualche metro ad ogni passaggio, io e lo JU Indurain lo incitiamo come se stesse vincendo una gara di coppa del mondo ma il raffreddore che lo attanaglia da qualche giorno sembra non dargli pace e soprattutto modo di spingere a dovere.
Verso gli ultimi giri però il vantaggio comincia a calare ed al suono della campana i due sono divisi da una ventina di secondi, qui il Daddy si supera, da vero corridore caparbio qual'è sputa sangue sul manubrio e aggancia il suo avversario appena prima dell'arrivo per poi bruciarlo in volata ed aggiudicarsi la decima posizione. COMPLIMENTI davvero un gran numero.

Tocca a noi, oggi parto calmo e mi metto a ruota dei due motorini della Besanese (Mattia e Andrea) e della nemesi, imongono da subito un ritmo infernale ed in due miseri giri mi staccano, sono in apnea ma cerco di mantenere il mio ritmo costante, dopo un paio di giri vedo che anche la nemesi cede e così la mia pedalata riprende un po' di vigore.
Inseguo a denti stretti per agganciarlo a tre giri dalla fine, ci scambiamo le posizioni un paio di volte a giro fino a quando ci sorpassa Borini (il primo assoluto), ci mettiamo dietro di lui e stringiamo i denti.
A pochi metri dall'arrivo la nemesi parte con uno scatto bruciante per sorpassare Borini e fare un altro giro ma io con spirito davvero poco Belgium ma molto arrendevole cedo e concludo la gara, porto a casa solo una quinta posizione, c'è di buono che oggi mi sono davvero divertito.

Lo Ju Indurain invece porta a termine una delle sue gare più belle classificandosi terzo di categoria dopo una bella lotta nel fango.

Prendiamo i nostri sacchettoni, saliamo in macchina e torniamo a casa con il sorriso sulle labbra e con un' altra bella lezione di ciclismo impartita dal Daddy:

LA GARA SI CONCLUDE UN METRO DOPO L'ARRIVO...NON PRIMA

JU

Grazie ancora a Giorgio Vianini per le fotografie