mercoledì 14 dicembre 2011

Intervista ad ENRICO FRANZOI

Direttamente dal sito della GAZZETTA DELLO SPORT questa bellissima intervista al nostro ciclocrossista Enrico Franzoi


Franzoi, il ciclismo è specializzazione, invece lei è enciclopedico. Non si sente fuori dal tempo?
"Ho 29 anni e sono fatto così. Prendere o lasciare. Strada e prati, un po’ perché mi piace tutto, un po’ perché la strada aiuta il cross, e il cross aiuta la strada. Ma non sono un corridore universale: mi manca la pista".
Dov’eravamo rimasti?
"Un anno fa correvo per una squadra belga. In giugno abbiamo rescisso il contratto consensualmente. Non mi sentivo più a mio agio. C’era anche la voglia di stare più tempo qui, a Isola Vicentina, con mia moglie Elena e i nostri bambini Matteo, quattro anni, e Isaia, uno e mezzo".
Poi?
"In luglio ho firmato per la Selle Italia-Guerciotti per il cross, e per la Miche-Guerciotti per la strada. Doppia stagione, come piace a me. Nel cross l’eccellenza, con attività nazionale e internazionale. Su strada il calendario italiano".
Ci sono stati anni in cui si parlava di lei come un uomo da classiche del Nord.
"Mi è andata male, ma non ho rimpianti. Ho dato tutto quello che avevo. Il mio sogno era la Parigi-Roubaix, che è a metà fra strada e cross. L'ho fatta cinque volte. Nel 2007 sono arrivato ottavo, un'altra volta ho forato nel momento decisivo, l'ultima non stavo bene. Il ciclismo è un’avventura: in quei due casi non sono stato fortunato, avrei potuto fare di più, ho perso l’opportunità. Ma non ho nulla da rimproverarmi".
Adesso nel cross?
"Con i Guerciotti - Paolo il papà e Alessandro il figlio - ho trovato le condizioni ideali per tornare ad alto livello. La Guerciotti ha storia, tradizione e grandi qualità tecniche. In più c’è Vito Di Tano direttore sportivo. Mi ha dato quei consigli giusti per ritrovare il feeling smarrito nel fuoristrada e mi ha corretto qualche particolare importante nella posizione. I risultati cominciano a vedersi. L’altro giorno, in una gara internazionale in Svizzera, se non avessi forato sarei arrivato tra i primi cinque. Invece nono".
Corre due volte la settimana.
"Fra il Giro d’Italia di cross e le prove di Coppa del mondo. E fra una corsa e l’altra, devo trovare il giusto compromesso fra preparazione e recupero".
Appuntamenti?
"I campionati italiani l’8 gennaio vicino a Bolzano, il Mondiale il 29 gennaio in Belgio, e altre tre prove di Coppa del mondo. Ma ogni gara è un obiettivo sensibile, a cominciare dalla prossima, a Faè di Oderzo".
Il suo avversario numero 1, in Italia, è Fontana.
"Ma lui punta all’Olimpiade di Londra nel cross country, in mountain bike".
Se dovesse definire il ciclocross?
"Tecnica, ritmo, forza. Una crono di un’ora in circuiti sempre più difficili: salire e scendere, ripartire da zero, cambiare ritmo, impostare curve e traiettorie veloci...".
E la mountain bike?
"Io faccio la marathon. Che è dalle quattro alle cinque ore di sforzo, che è sensibilità ma anche fondo, che è un ambiente vero e ruspante".
E la strada?
"La mia passione fin da quando ero un bambino".
Prima di una gara?
"Se è cross, anche se mi fido dei meccanici, do una controllata generale alla bici, specialmente alla pressione delle gomme, poi mi concentro sulla partenza, che è fondamentale almeno quanto per le MotoGP. Se è strada, sono più rilassato".
E si dice qualcosa?
"Da cattolico, mi faccio il segno della croce. Poi, da agonista, tiro fuori tutta la cattiveria".

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