Cominciamo a mettere giù due idee e alla fine decidiamo di creare una corsa basta sull'idea della Parigi Roubaix o ancora meglio della Tro Bro Leon cioè poco dislivello, asfalto veloce e tratti sterrati da affrontare a tutta birra.
I mesi passano veloci e tra la creazione del percorso effettuando esplorando tutte le strade secondarie e sterrate della zona e la tracciatura vera e propria ci si trova al 10 Ottobre, data in cui una quarantina di coraggiosi si presentano al via di Novarenberg pronti a sfidarsi a colpi di pedale.
Qui di seguito vi lascio le belle parole scritte dall'amico RIKY 76 sul suo blog personale, non scrivo io perchè leggere tanto entusiasmo da parte di chi ha corso mi fa capire che probabilmente abbiamo organizzato in maniera corretta creando una gara divertente sia da vedere che correre.
Buona lettura:
"L’idea è semplice quanto ambiziosa, portare un pezzo di Belgio nella pianura piemontese e coniugare il tutto a tema ciclistico con una spruzzatina di scatto fisso. Partendo da questo embrione,Paolo aka bludado ha messo in piedi una gara dal sapore di patatine e birra trappista posata su asfalto ma soprattutto ciottoli e terra battuta! Essendo lui un corridore eclettico, che dà sempre il meglio sia su strada che nel ciclocross ed è famoso per essere l’alfiere del team Cinelli Chrome per le criterium a scatto fisso, ha unito con maestria, come uno chef dei pedali, tutti gli ingredienti qui sopra menzionati, per tirare fuori una gara di fatto nuova nel panorama delle corse non ufficiali (anzi, unsanctioned come direbbe un certo Trimble…), per giunta collocandola in un periodo perfetto. Siamo, infatti, in bilico tra la fine della lunghissima stagione di criterium e corse su strada e nell’imminenza dell’avvio della tanto attesa stagione di ciclocross, la quale ha un calendario fittissimo per i piemontesi appassionati della disciplina, con gare praticamente ogni singolo weekend dalla metà di ottobre agli inizi di febbraio, senza soluzione di continuità.
Pic by Silvia Galliani
E così il risultato si chiama Novarenberg, ovvero l’unione di Novara, sede di partenza nonchè casa di Paolo, ed Arenberg, una stradina nel nord della Francia così famosa che non mi dilungo oltre. Siamo alla seconda domenica di ottobre e il meteo prevede il canonico freddo, umido e vento che fa molto clima belga, soprattutto quest’ultimo è ingrediente essenziale, che separa i corridori duri da chi si fa intimorire dal dio Eolo (ndt: vedasi prodezza proprio della nazionale belga ai recentissimi mondiali di ciclismo a Doha). Il piatto di giornata prevede 115km non certo ondulati, ma caratterizzati da una decina di settori in strada bianca, insomma, sterrati qui chiamati in semi-dialetto “ribinoù”! Altra specifica prevista della gara è l’uso di biciclette con trasmissione a scatto fisso, il che presuppone un minimo di ragionamento pre gara su quale miglior combinazione corona/pignone scegliere, ovvero il classico toto rapporto.
Di mio ho la fortuna di avere in garage quella che praticamente si dimostra essere la bici ideale per affrontare questa gara: la Storm cx singlespeed con freni a disco. La modifica da fare per portarla a scatto fisso è semplicissima dato che la mia ruota posteriore che solitamente uso sulla Vigorelli da pista, ha già la predisposizione per esser montata su un telaio con battuta a 135mm come la Storm, tramite due semplici spessori che si incastrano nel perno del mozzo. Rapporto scelto 50-18, parente stretto di quel 47-17 che già così in alto mi ha portato pochi mesi orsono.
Siamo un plotoncino di circa quaranta corridori, di questi però in pochi siamo con la scatto fisso ed in lizza per la classifica finale, gli altri semplicemente si faranno una bella galoppata godendo delle tante variazioni che promette in percorso. Dalla sommità del cavalcavia ferroviario, dopo un breve countdown in cerimoniere e patron Paolo fa partire la gara!
Pronti via, siamo subito a tutto gas e vedo che subito Fabio e Giorgio prendono qualche decina di metri di vantaggio! Sono già al limite, anche perchè più vado avanti con gli anni e meno le partenze al fulmicotone mi si addicono, ma qui passa la differenza tra il subire e il fare la corsa ed oggi io la corsa la voglio fare. Non demordo, siamo già sul primo settore di strada bianca ed io sono ovviamente fuori soglia cardiaca, come se la gara finisse tra 15 minuti, ma complici un paio di svolte e l’arrivo puntuale del vento contrario, la coppia di testa diventa per (mia) fortuna un plotoncino da una decina di unità.
Il gruppo è splendidamente eterogeneo: ci sono delle vecchie volpi delle gravel race, un paio di bravi ciclocrossisti, stradisti, triatleti, cultori dello scatto fisso… niente male come assortimento per una gara quasi definibile “tra amici”. Menzione d’onore per Claudio, il papà di Paolo che nonostante gli anni ci dà del filo da torcere, e per Marco e Fabio che sono con una bici da pista pura, brakeless e con geometrie le meno adatte possibili a lanciarle sopra il 30 di media negli sterrati, ma son qui a dimostrazione (se ancora ce ne fosse bisogno) che testa e manico superano di molto le finezze da farmacista sull’attrezzatura con la quale si pedala!
Pic by Silvia Galliani
Pic by Silvia Galliani
Iniziamo a risalire il Ticino e il ritmo si va più tranquillo, ne approfittiamo tutti per mangiare e bere qualcosa dato che la prima ora di gara è già alle spalle. Il panorama del Ticino è bellissimo, un piccolo tesoro per chi sa apprezzare i nostri fiumi. Ma è poco dopo il cinquantesimo chilometro che c’è la prima bomba pronta a far deflagrare il gruppo. Una apparente piccola ed innocua salita, cosa rara da queste parti, fatta di tre tornanti, settecento metri di lunghezza per trentacinque di elevazione. Tanto basta. Una pendenza crescente dal 5 all’8% fa si che la selezione naturale si compia. Io mi trovo a spinger abbastanza bene il mio rapporto, ma altri vanno in crisi, non potendosi nemmeno alzare sui pedali dato che altrimenti la ruota posteriore slitterebbe sul terreno. La grande scuola dell’eroica anche qui dà ottimi frutti…. dopo un tempo che a tutti è parso interminabile, in realtà poco meno di tre minuti, ci troviamo solo in tre al comando della gara: io, Fabio e Giorgio. Aumenta il vento, cade qualche goccia di pioggia e siamo solo a metà gara.
Ricominciamo la (formale) discesa lungo il Ticino dopo una breve ma tecnica discesa, Fabio che non ha nemmeno i freni è messo in difficoltà anche dall’asfalto umido, ma non molla e dopo poco rientra nel trio. Siamo amici prima di esser corridori e tutti e tre iniziamo a darci cambi regolari per condurre al meglio questa seconda parte di gara. Il vento aumenta, qualche volta è a favore, spesso di 3/4. Verso il 64° chilometro arriva uno dei punti più difficili e belli della gara, l’Arenberg novarese: si tratta di poco più di un chilometro pavimentato a ciottoli, sostanzialmente rettilineo ma che sa fare la differenza, ed oggi è pure un po’ umido. Nessuno si tira indietro anzi, se nel tratto prima si veleggiava attorno ai 30km/h l’ingresso nel segmento è ai 35! Inizia tutto a tremare, cerco di tener salda la presa sul manubrio in qualche modo mentre tutta la bici è messa a dura prova. Fabio, che aveva meticolosamente studiato il tracciato, trova un esiguo canaletto a lato che, proprio come nelle leggendarie strade della Parigi-Roubaix, non ha i ciottoli e ci supera di slancio! Noi non molliamo e alla fine del tratto ci ricompattiamo. E’ stato come fare un giro dentro al tagadà delle fiere di paese ed involontariamente a tutti si dipinge sul volto un sorriso di soddisfazione.
Pic by Silvia Galliani
Pic by Silvia Galliani
Segue poi il lungo sterrato della sponda ovest del Ticino dove nuovamente Fabio (con di fatto la stessa bici con cui il sabato prima era con me a sfidarsi allaRedhookcrit di Milano) spinge il suo granitico rapporto 49-16 con una potenza davvero notevole, io tengo il passo ma sono sempre sul chi va là nel cercare la linea migliore sullo sterrato e Giorgio dall’alto della sua esperienza di corridore ci lascia fare amministrando qualche metro dietro di noi. Arriviamo in breve all’ultima salita di giornata, anche qui è una semplice rampetta di 300 metri al 7% ma sufficiente a mettere alla corda le gambe già stanche dai primi 80km di gara. Giorgio chiaramente adotta un rapporto congruo, noi che non ne abbiamo modo fatichiamo come se fosse l’ultima rampa dello Zoncolan, ma ne veniamo comunque a capo. Al novantesimo chilometro, piccolo colpo di scena: Giorgio fora il tubolare posteriore ed è costretto a fermarsi, purtroppo nemmeno il gonfia-e-ripara riuscirà a risolvere il danno e sarà costretto al ritiro, un vero peccato.
Restiamo in due al comando della corsa e nemmeno a combinare la cosa siamo entrambe con lo scatto fisso, che entrambe conosciamo ed amiamo da anni. Al centesimo chilometro esatto ci ritroviamo di fronte al lunghissimo rettilineo della SS11, siamo quasi controvento e Fabio fa l’andatura. Ma è un andatura che non riesco a sostenere, mulino i pedali molto agilmente mentre lui di forza riesce ad aumentare via via il ritmo, in progressione, fino a staccarmi di una manciata di metri. Poi, come l’inesorabile stillicidio di un rubinetto mal chiuso, i metri iniziano ad aumentare. Uno ad uno, prima fino ad impedirmi di leggere le scritte sul suo jersey, poi vedo mescolarsi le tonalità di blu della bici e della sua divisa fino a farle diventare un’unica sagoma lontana, troppo lontana. Sembra non sentire nemmeno il forte vento laterale e lo vedo svoltare verso sud un’ultima volta.
Pic by Silvia Galliani
Resto solo, per la prima volta mi giro a vedere se qualcuno ci segue. No, sono proprio da solo, manca poco al traguardo. Gli ultimi due settori di strada bianca sono però durissimi, vento perfettamente contrario, gambe e testa sfiniti dalla stanchezza e la sagoma del Duomo di Novara troppo lontana per considerarsi già arrivati in fondo. Mi alzo spesso in piedi sui pedali nel gesto di rilanciare l’andatura, ma la velocità non aumenta, lo prendo come un modo per sgranchirmi le gambe e far lavorare qualche altra fibra muscolare. Il cuore è in soglia, non vado oltre i 25 orari, penso di essere in salita anche se non è vero, ma psicologicamente mi aiuta di più che combattere contro l’invisibile forza del vento, non sono un corridore dal fisico belga, anzi, non sono proprio un corridore ma tuti questi anni sui pedali mi hanno insegnato che la soddisfazione maggiore è nel ricordo di quando si stava per mollare e non gliela si è data vinta, restando in sella e con gli scarpini agganciati ai pedali e poi mi aspetta la birra al traguardo, perchè oggi siamo in Belgio, mica in Piemonte!
Vedo il cavalcavia, sento le grida dei ragazzi dell’organizzazione ed è fatta, l’ultima salitella del cavalcavia è quasi impercettibile e il traguardo ha sempre la sua dura dolcezza. Secondo assoluto all’edizione zero della Novarenberg, nulla di meglio per finire la stagione delle corse in linea, si dia il via al ciclocross! Il seguito del pomeriggio è vera festa, chiacchiere e battute e parlare sempre e solo di bici, bici, bici con chi, come me, non ne ha proprio mai mai abbastanza."
Grazie mille Riky per le bellissime parole ed un racconto super entusiasmante.
Alla prossima
Pic by Silvia Galliani